Negli anni recenti della storia della Medicina, l’avvento della PNEI  ha presentato una rivoluzione copernicana nella concezione dell’organismo umano: la visione del corpo dominato dalla mente ha lasciato il posto gradualmente  a una visione integrata, un sistema pluricentrico in cui l’uomo non può più essere paragonato a una macchina o a un robot perché, in realtà, è un “sistema integrato complesso”, ove tutte le parti, in costante contatto tra loro, contribuiscono in maniera paritetica allo sviluppo e al mantenimento dell’unità dell’essere, nella salute come nella malattia.

La storia di questa scoperta è anche la conferma di alcune conoscenze tradizionali: l’affermazione neurobiologica della stretta connessione tra mente e corpo, in particolare tra cervello e intestino.

Oggi sappiamo come l’infiammazione rappresenti il modo di comunicare tra loro degli organi e come questa infiammazione possa migrare da un organo ad un altro.
L’organo che è più facilmente soggetto ad infiammarsi è l’intestino, dato che costituisce la nostra maggiore interfaccia con il mondo esterno.
Una volta cronicizzata l’infiammazione può migrare su altri organi, producendo differenti sintomi sulla base delle diverse vulnerabilità individuali.

Nell’ambito dello sviluppo filogenetico, la comune origine nell’ambiente acquatico degli esseri unicellulari e pluricellulari, ha indotto lo sviluppo di un rapporto d’interdipendenza la cui manifestazione più tipica è rappresentata dal rapporto di simbiosi esistente tra la flora batterica residente e l’uomo, soprattutto a livello intestinale. A livello intestinale infatti si realizza un rapporto di reciproca interdipendenza che si esprime in campi funzionali complessi realizzati attraverso lo sviluppo di differenziate strutture relazionali.

Il nostro intestino ha un’organizzazione spaziale basata sul principio di “autosimilarità”. Esso infatti può essere considerato come un frattale ossia un oggetto geometrico dotato di una struttura ripetitiva a scale gradualmente inferiori ed ogni frazione di esso è simile all’insieme più ampio di cui è parte.

Questa caratteristica fa sì che se si potessero spianare le varie pieghe, i villi, i microvilli e le cripte, la superficie della mucosa intestinale equivarrebbe a circa 300 mq.

L’effetto finale di tale organizzazione si traduce nel principio delle “superfici di minima” in cui si realizzano ricezione, immagazzinamento e trasmissione di un enorme quantità di informazioni con il minimo consumo di energia. Cosi l’organismo risulta  composto da più centri integrati tra loro, strutturati per comporre l’unità del corpo umano. Al momento attuale la Psico-Neuro-Immuno-Endocrinologia (PNEI) costituisce la disciplina che meglio descrive questa molteplice e integrata rete di comando.

Nell’intestino ci sono circa 100 milioni di neuroni che nel loro insieme costituiscono un vero e proprio sistema nervoso: il Sistema Nervoso Enterico (SNE Leopold Auerbach 1831). Questi neuroni sono organizzati in due plessi: il Plesso Mioenterico (di Auerbach) e il Plesso Sottomucoso (di Meissner).
Il SNE presenta connessioni con il Sistema Nervoso Autonomo (SNA) e tramite questo con il Sistema Nervoso Centrale (SNC). I comandi motori che partono dal SNC si attuano attraverso vie autonome parasimpatiche (nervo Vago) mentre i neuroni afferenti che portano l’informazione dal SNE al SNC, sono presenti in un altro fascio riconoscibile a livello vagale. *
Quindi il SNE ha due centri di comando autonomi profondamente integrati: uno situato nell’encefalo e nel midollo spinale; l’altro nei plessi mioenterico e sottomucoso.
Il numero di fibre nervose che collegano il cervello e il midollo spinale all’intestino è estremamente ridotto rispetto al numero di neuroni intestinali. Tale disparità indica che la maggior parte dei neuroni enterici non è collegata a fibre nervose pre-gangliari e che la maggior parte dei neuroni non è collegata al SNC e non riceve input da esso.
Questo vuol dire che il SNE non esegue necessariamente i comandi che riceve dal cervello: quando lo decide, il SNE può elaborare i dati prelevati in modo indipendente dai propri recettori sensitivi e agire sulla base di tali dati al fine di attivare un gruppo di effettori sotto il suo esclusivo controllo.
Quindi il SNE non è uno schiavo del cervello: è un ribelle, l’unico elemento del SNP che può scegliere di obbedire agli ordini del cervello o del midollo spinale.
Questa rete nervosa intestinale, per le sue dimensioni e per le sue modalità di funzionamento, è stata battezzata da Michael D. Gershon, neuroanatomista della Colombia University, come “secondo cervello”. Gershon ed  altri studiosi, negli ultimi venti anni, hanno dimostrato che il cervello che abbiamo nell’addome ha una sua autonoma organizzazione e, soprattutto, non riceve solo comandi dal cervello, ma li invia anche.
Da questo dialogo scaturiscono effetti significativi sulla salute e sull’umore.

Durante il transito degli alimenti, pertanto, il processo di digestione non si limita ad analizzare la composizione del cibo e a coordinare i meccanismi di assorbimento e di escrezione, ma comanda anche la velocità di transito e di altre funzioni.
Inoltre il SNE e in stretto collegamento con altri sistemi, come il Sistema Endocrino, molto diffuso nell’apparato gastrointestinale (cellule APUD) e col sistema Immunitario, che presenta qui una rete molto ampia. Insomma il nostro addome è un complesso neuroendocrino-immunitario integrato, che svolge funzioni con un largo margine di autonomia ma che, al tempo stesso, subisce pesanti influenze sia dall’esterno (cibo, input visivi…) che dall’interno.
Alla luce di quanto detto, l’uomo e un “sistema integrato complesso” caratterizzato da interazioni tra i vari organi ed apparati ed in queste interazioni l’intestino occupa una posizione centrale in quanto esso risulta  sede di attività che implicano un coordinamento a livello emozionale e immunologico.

(si ringrazia la dott.sa G. Di Stefano per il materiale didattico condiviso)

L’argomento prosegue con un prossimo articolo sul MICROBIOTA INTESTINALE